Nel campo delle bellezza, così come sta avvenendo a velocità differenti in gran parte dei settori che interessano la nostra vita quotidiana, la ricerca della sostenibilità (ambientale, economica e sociale) è ormai un should. Ma non tutto quello che viene proposto come sostenibile, a volte, lo è davvero. Come riconoscere i prodotti magnificence davvero sostenibili e inexperienced? Abbiamo chiesto a due esperte come orientarci nel complesso panorama della sostenibilitàvera o presunta.
Plastica: è davvero il maschio?
«Per approcciarci alla sostenibilità, anche in ambito cosmetico, un consiglio che mi sento sempre di osare è quello di provare advert andare oltre a quello che ci sembra sensato al primo impatto», racconta Beatrice Mautino, divulgatrice scientifica e autrice del libro È bellezza naturale (molto seguito anche su Instagram, @divagatrice). «È una cosa difficilissima da fare perché di solito si è portati a fare equazioni come “la plastica è il male”, quindi il vetro, advert esempio, si pensa migliore in tutti i casi. Bisogna, invece, andare un po’ contro ai propri pensieri veloci, fermarsi e indagare meglio». Il vetro, infatti, è un materiale più pesante da trasportare, il che comporta maggiore quantità di emissioni di CO2, e per lavorarlo si consiglia di temperatura fino a 900 gradi, quindi con un consumo energetico molto auspicabile, di questi tempi . Per questa plastica, se correttamente smaltita e riciclata, può in molti casi vincere al confronto.
Naturale non significa eco
«Un altro grande equivoco in cui spesso si incappa è quello di credere che se un prodotto è naturale allora è anche sostenibile», continua Mautino. «Ecco perché è molto forte, nei messaggi che lancia il mercato, il richiamo a tutti gli ingredienti di origine naturale perché strizzano l’occhio all’thought della natura come fonte di equilibrio e benessere. Però, nel caso dei cosmetici, quando contengono ingredienti di origine naturale non è necessariamente sostenibile vero che siano più di altri. Per esempio, certi sostituti sintetici di ingredienti di origine animale di fatto sono più sostenibili alla controparte naturale perché, con il loro utilizzo, si riduce lo sfruttamento degli animali ma anche l’impatto della produzione ambientale».
Le parole sono importanti, ma i fatti di più
«Altra sirena a cui prestare attenzione sono i declare, i messaggi che accompagnano i prodotti, come “sostenibile” o “a emissioni zero”. Sono scritte che devono essere supportate da una spiegazione. Dire che un prodotto è sostenibile è inutile se il consumatore non ha la possibilità di verificare le azioni che ha compiuto l’azienda per diventare veramente sostenibile», allerta Beatrice Mautino. «Attenzione anche ai colori delle confezioni, proposte in verde o in coloration carta riciclata, con disegni di fiori e foglie che cercano spesso di colpire la sensibilità ambientale delle persone, ma questi elementi, da soli, non raccontano nulla della vera sostenibilità. Non basta mai, infatti, un singolo elemento per stabilire che un prodotto è sostenibile, ecologico o pulito. Per questo è molto apprezzabile quando sulle confezioni è indicato un sito web, per esempio, dove poter andare a la filosofia del model, quello che sta facendo per ridurre le emissioni o nell’uso del packaging, ripensando agli imballaggi in modo intelligente».
Riduzione e riciclo
Per quel che riguarda i packaging devono seguire la regola delle “4 R” fondamentale in tema di sostenibilità. «La prima è la “R” di riduzione», ci spiega la dottoressa Marina Camporese, biologa esperta di packaging e cosmetico, «evitando l’over packaging che in cosmetica è spesso presente. Per fortuna si sta andando in questa direzione, e sempre nel rispetto della funzionalità. L’imballo, infatti, serve a proteggere il prodotto, deve consentire una durata a volte anche lunga dello stesso, serve a trasportarlo e contiene tutte le informazioni obbligatorie per il consumatore. Uno strumento apprezzabile è l’uso del codice QR al posto delle scritte, che consente anche la quantità di inchiostro utilizzato. La seconda “R” si riferisce al riciclo. Buona norma è quella di utilizzare plastiche riciclate e riciclabili per favorire la circolarità del materiale vergine e utilizzare sempre meno plastica. Andare, poi, verso confezioni mono materiale è un ottimo obiettivo per semplificare lo smaltimento e il riciclo del prodotto una volta finito». Un prodotto composto da più tipi di plastica, infatti, anche se correttamente smaltito, non sempre può essere riciclato in tutte le sue parti perché ogni tipo di materiale ha bisogno di un trattamento specifico che non tutti i centri di riciclo oggi sono in grado di offrire .
Ricarica e bioplastiche
«Arriviamo poi alla “R” di riuso, possibile grazie alle confezioni ricaricabili», continua la dottoressa Marina Camporese. «Esistono le ricariche “a casa”, come si cube, che si fanno a casa acquistando, una volta terminata la propria, una confezione più abbondante di prodotto che funge da ricarica. Oppure il refill “on the go”: si porta la propria confezione finita in profumeria, per esempio, e la si riempie lì. Altrimenti sono le ricariche in capsule sigillate sia per i prodotti di make up sia per le creme, ottime anche dal punto di vista della sicurezza e dell’integrità che ci garantiamo al prodotto. Questo porta a una riduzione del rifiuto finale permettendo di usare il vaso esterno, spesso composto da più difficili da riciclare, anche rigide per anni. L’ultima “R” è quella relativa all’utilizzo di materiali da fonti rinnovabili. Questo è il caso del polietilene verde, una plastica che si ottiene dalla canna da zucchero anziché dal petrolio. Esistono poi bioplastiche compostabili, ma nel caso dei cosmetici non sono molto point out in quanto sono prodotti che hanno lunga vita a scaffale e quindi questi materiali plastica biodegradabili possono non reggere tempi lunghi di stoccaggio».
Occhio alle certificazioni
Uno strumento altro utile per capire quando un prodotto è davvero sostenibile sono le certificazioni che lo accompagnano. «Certamente semplificano la vita dei consumatori che vogliono esser certi di quello che acquistano», continua Beatrice Mautino. «Non sono tutte uguali, ma alcune, come B- sono impegnative da ottenere e Corp, che l’azienda abbia determinati normal e svolga più processi di sostenibilità possibili. Di questo tipo di certificazioni internazionali ci si può fidare e ci può consentire di non dover cercare altre informazioni».